“La prova di moralità di una società risiede in quello che essa fa per i suoi bambini”.
Francesco Zanardi
Francesco Zanardi è fondatore e presidente di Rete L’Abuso, un’associazione nata nel 2010 dall’idea di un gruppo di vittime di preti pedofili che decisero di far fronte comune in occasione di un incontro internazionale a Roma, si resero conto delle incredibili analogie tra i loro casi in cui l’abusatore era un sacerdote. Rete L’Abuso forma non solo una rete di supporto alla quale le vittime possono rivolgersi, ma anche un importante deterrente per evitare che la chiesa “nasconda” i preti pedofili. Ne ho raccolto impressioni ed i suggerimenti, cercando di fare con lui un quadro il più verosimile possibile di abusi e pedofilia nel contesto delle istituzioni ecclesiastiche attraverso la sua testimonianza.
D. – Come hai vissuto e cosa ti ha lasciato dentro l’abuso?
R. – Come esperienza personale di vita che confronto oggi col lavoro che faccio ed i tanti altri casi che incontro, altamente traumatico. L’abuso sessuale è un trauma ma non come un braccio rotto che ti si rompe e poi il tempo e l’esercizio guariscono. Trami come l’abuso sessuale per un ragazzino compromettono la maturazione di alcuni aspetti della personalità. Nel mio caso, ad esempio, non é maturata la sfera sessuale. Io ho preso atto della mia sessualità ed in pratica non ho avuto rapporti sessuali fino a trent’anni tranne che col prete che mi aveva violentato. Questo mi ha bloccato, su altri emancipa. Questo è un aspetto dell’abuso molto soggettivo che porta con se forti squilibri che incidono su una vittima che non svilupperà naturalmente la sua caratterialità. Per questo rimane un evento di forte impatto nella vita di ciascuno. Considera che se parliamo di pedofilia, parliamo di bambini quindi, persone che non hanno ancora avuto una loro maturazione sessuale e sociale che proprio in quel momento la stanno costruendo, un evento di quella portata rompe tutti gli equilibri.
D. – Cosa significa testimoniare o denunciare per una vittima ?
R. – E’ un passo difficilissimo nel senso che purtroppo la vittima che ha il disturbo post traumatico da stress, come dicevamo, reagisce a suo modo ecco e purtroppo la valutazione è davvero molto soggettiva perché dipende dal dalla forza che ha a tenersi poi una vittima.
D. – E come si comportò il prete nei tuoi confronti?
R. – Il prete paradossalmente ed almeno nel mio caso, non ha negato i fatti. Nel mio caso anzi ha screditato dicendo che ero io che andavo a cercare lui per queste cose.”
D. – Quando la tua famiglia ha saputo quanto ti fosse accaduto?
R. – I miei genitori? Leggendo le mie dichiarazioni sui giornali. Direi che su questi temi la famiglia difficilmente è informata e molto spesso, non verrà mai a sapere quanto sia accaduto. La vittima spesso non la fa emergere perché ha paura di dare dolore e perché si vergogna. Evita la denuncia proprio per questa serie di fattori.
D. – Quale era la realtà in cui hai vissuto l’abuso?
R. – Nel mio caso possiamo parlare di un numero tra la trenta e la quaranta di ragazzini abusati. E considera che parliamo di Spotorno che conta cinquemila abitanti, quindi di una realtà molto piccola. Il pedofilo non abusa mai di un solo ragazzino e questo è proprio del soggetto. Spesso poi si conoscono le vicende di una sola delle vittime, di quelle o quella che ha il coraggio di denunciare.
D. – Si é parlato di abusi in contesti che noi immaginiamo tranquilli come le parrocchie. Le violenze invece in istituti come il Provolo (violenze sessuali nei confronti di ragazzi sordomuti, sono isolati o ce ne sono altri?
R. – Ce ne sono purtroppo tanti altri. Per esempio qui a Savona abbiamo avuto due casi simili al Provolo: con Nello Giraudo al quale dopo violenze su di me e su altre decine di bambini è stata fatto aprire la comunità per minorenni in difficoltà stessa cosa sempre a Savona. é successo a Don Giorgio Barbacini accusato poi di violenza sessuale aggravata e continuata, e credo attualmente ancora in carcere. Le violenze erano piuttosto comuni già negli anni sessanta quando venivano coperte da un tacito consenso di chi li gestiva aiutato anche dai proventi benefici che arrivano dalle famiglie “bene” di un posto piuttosto che dell’altro, e che avvaloravano l’istituto. Al Provolo le violenze erano sui sordomuti che non potevano parlare. Nei casi di Savona le vittime erano ragazzini che arrivavano da famiglie con gravi disagi a cui loro non avrebbero mai potuto rivolgersi per lamentarsi.
D. – Gli istituti dove vengono ricoverati per periodi piu’ o meno lunghi hanno efficacia terapeutica?
R. – Certamente non è così. La pedofilia è una devianza non una malattia come molti erroneamente sostengono. Quindi è un problema della personalità, e non è curabile. E la scienza medica sa venirci in soccorso. Il pedofilo è sempre e a rischio anche soggiorna in questi istituti per uno o più periodi, quando ne esce continuerà ad esserlo.
D. – In questi ultimi tempi la Chiesa ha organizzato un censimento sugli abusi. Dammi un tuo parere
R. Il censimento dovrebbe farlo lo Stato. Mi fermo qui.
Troppo spesso la Chiesa ha taciuto su temi come questo, più o meno volutamente senza preoccuparsi mai delle vittime, difendendo con una discutibile retorica i “carnefici”, perché anche girando lo sguardo dall’altra si avalla e si è complici della violenza di altri. E nel contesto della Chiesa oggi si ostenta un grande rigore morale per nascondere la propria ipocrisia. E questo è un peccato mortale.
I DATI
– 169 i sacerdoti attualmente denunciati, indagati, in attesa di giudizio o in attesa di sentenza definitiva in Italia. L’elenco contiene anche coloro che si sono salvati grazie alla prescrizione.
– 168 sacerdoti condannati in via definitiva negli ultimi 15 anni
– 23 strutture dette di cura, dedicate unicamente ai sacerdoti, non alle loro vittime. Utili ad ospitare chi condannato o ai domiciliari.
*Per la cronaca don Giorgio Barbacini è stato arrestato nel 2015 nel savonese dopo dieci anni di latitanza trascorsi tra Svizzera e Marocco. Al momento dell’arresto salutò le forze dell’ordine venute per trarlo in arresto con “Bravi mi avete trovato…”