di Alessandro Claudio Giordano
Parcheggi abusivi, applausi abusivi,/villette abusive, abusi sessuali abusivi;/tanta voglia di ricominciare abusiva.
Appalti truccati, trapianti truccati,/motorini truccati che scippano donne truccate;/il visagista delle dive è truccatissimo.
Papaveri e papi, la donna cannolo,/una lacrima sul visto: Italia sì, Italia no.
Sono passati tanti anni da quel 1996 quando l’Italia scoprì e consacrò al successo “Elio e le storie tese”, una band di musicisti virtuosi, le cui canzoni avevano testi complessi, comici, spiazzanti e spesso sconsigliati dai perbenisti nostrani. E dopo quel Festival di Sanremo che comunque vide la vittoria di Ron, l’Italia della canzone non sarebbe più stata la stessa. . Ma perché Elio e le storie tese arrivarono a Sanremo? molto semplicemente nell’autunno 1995 iniziò a girare una voce che Pippo Baudo avrebbe voluto dare un taglio diverso al Festival inserendo proposte giovani e fuori dagli schemi. Chi erano costoro? Ancora non conosciuti dal grande pubblico ma già molto popolari presso il pubblico più giovane (soprattutto nel Nord Italia) e gli appassionati di calcio per le loro magnifiche sigle di Mai dire Gol, si erano fatti notare per un grande disco (Italian Rum Casusu Çikty, uscito nell’estate 1992), per una memorabile esecuzione per dodici ore consecutive di Cara Ti Amo al Teatro dell’Elfo di Milano o per una censura subita a un Concerto del Primo Maggio durante l’esecuzione di Sabbiature, pezzo che ironizza pesantemente sul governo in carica. Un paese ed una terra quella degli Elii (l’Italia) in cui convivevano spensieratezza e inquietudini, drammi sociali e serenità, luoghi comuni, indignazione, paure e voglia di distrazione. Elio e le Storie Tese riuscirono a mettere insieme tutti questi temi, dagli scandali dell’edilizia alla microcriminalità, dal sangue infetto nelle corsie degli ospedali, dal pizzo alla mancata verità sulle stragi, fino alla violenza degli stadi. L’Italia degli Elii, a chiudere però si chiedeva “se famo du spaghi” e ritrovava la felicità a tavola, davanti a “una pizza in compagnia”, non senza l’aiuto del carattere nazionale e dell’innato fatalismo, “perché la terra dei cachi è la terra dei cachi”. Partiti come outsider, gli Elio e le Storie tese, grazie anche ad un campione di giurati quell’anno sensibilmente più giovane del solito, si ritrovarono in testa dall’inizio del festival fino all’apertura del sipario e solo l’ultimo round di votazioni assegna per un’inezia il trofeo a Vorrei incontrarti fra cent’anni di Ron, che si avvaleva della partecipazione speciale di Tosca. La terra dei cachi cambia la storia di Sanremo, ma non riesce ad entrare nell’albo d’oro del Festival della Canzone Italiana. Ma a margine Rocco Tanica, uno dei leader del gruppo ricorderà tempo dopo“…per un ritardo nel collegamento con la giuria demoscopica di Bolzano non vennero conteggiati i voti di quella provincia con i quali avremmo vinto», ma da vincitore morale, rende omaggio al vincitore vero: «ha vinto comunque una splendida canzone di uno dei migliori autori italiani. Molto onore arrivare secondi dietro Ron”. Secondo un riconteggio operato dai carabinieri, tra errori materiali e voti non contati (sembra che il risultato della sede Rai di Bolzano non siano stati presi in considerazione), rivelò inesattezze di portata tale da fare dubitare sull’attendibilità della classifica finale. Con l’alta probabilità che una conta più accurata dei voti avrebbe potuto davvero regalare al Sanremo 1996 un finale sorprendente e per certi versi inedito nella storia del Festival. Il singolo in vendita era un po’ diverso da quello eseguito a Sanremo. Cantato insieme all’orchestra di Raoul Casadei, mentre la versione da studio inclusa nell’album Eat the Phikis insieme allo special di un minuto eseguito nella quarta serata, ribattezzato citando Battisti Neanche un minuto di non caco. L’album raggiunse il primo posto in classifica, e fu il miglior successo dell’intera edizione.